Il 23 giugno 2016 verrà ricordato come un giorno storico nell’Unione Europea: è brexit. Alla fine, il tanto atteso referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea si è risolto nel modo che molti analisti temevano: la vittoria dei “leave“, con una percentuale che si è attestata quasi al 52% dei voti. Dunque, un paese drammaticamente spaccato a metà, con la parte di popolazione più giovane che è stata maggiormente a favore della permanenza nell’Unione; mentre le persone che hanno vissuto tutta o gran parte della storia travagliata, (è il caso di dire) del “matrimonio” tra Bruxelles e Londra negli ultimi decenni, hanno scelto per l’uscita dal mercato comune.

 

Ma ora che cosa accadrà concretamente? E per quel che riguarda la partecipazione a bandi e misure di agevolazione, l’uscita dall’Eurozona avrà ripercussioni per l’Italia? Ci vorranno due anni di tempo per i negoziati necessari a concordare le modalità di uscita della Gran Bretagna. Alcuni esperti ritengono che Londra intenderà cercare un modello di accordo che ricalchi quello già applicato a Liechstein Islanda e Norvegia, lo Spazio Economico Europeo, ovvero una misura che prevede la libera circolazione di beni merci e persone, e anche l’accesso a programmi come Horizon 2020.

 

Horizon 2020, il programma europeo per la ricerca e l’innovazione, che alla soglia delle 100 call for proposals, nello scorso ottobre, aveva totalizzato oltre 14000 progetti presentati a guida di enti giuridici provenienti dal Regno Unito. Un numero impressionante, in testa alla speciale classifica tra gli altri Stati partecipanti, e che è solo una delle tante sfaccettature di quel complesso problema che va a incrociare brexit. Oppure pensiamo alla partecipazione a progetti Erasmus, il notissimo programma europeo che finanzia scambi formativi tra giovani studenti europei, e che per un’intera generazione ha significato enormi possibilità di accrescimento professionale, culturale ed umano.

Staremo a vedere.